Con la definizione di deposito temporaneo, la normativa ambientale fa espressamente riferimento ad una particolare forma di stoccaggio che è antecedente alla fase della gestione dei rifiuti, intesa invece come raccolta, trasporto, smaltimento o recupero.

Tale particolare forma di stoccaggio non è sottoposta a regime di autorizzazione se si rispettano precise condizioni. Se al contrario viene invece effettuata in violazione delle condizioni stabilite dalla legge , allora il deposito non può più definirsi temporaneo ma si configura come un’attività di gestione dei rifiuti che, come tale, deve essere autorizzata.

Questo significa che il mancato rispetto dei vincoli stabiliti all’art. 183, comma 1, lett m) del D.Lgs. 152/06 e l’assenza di autorizzazione, configura un’attività di stoccaggio abusivo che integra gli estremi del reato penalmente sanzionato come “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata” ai sensi dell’art. 256, comma 1:

” Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione è punito:

a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi. ”

Sul punto è più volte intervenuta anche la Cassazione con orientamenti univoci.

Si ricorda ad esempio la sentenza di Cass. Pen., sez.III, 19.04.07, n. 15994 che ribadiva: “il deposito temporaneo di rifiuti è legittimo soltanto ove sussistano alcune precise condizioni, in assenza delle quali il deposito di rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all’attività di gestione di rifiuti non autorizzata, considerata come reato”.